Sono Elisabetta, una ragazza di venticinque anni non vedente dalla nascita a causa di una prematurità.
All’incirca da un anno, frequento I’m Possible per svolgere delle lezioni di equitazione, sia in sella che in carrozza. Sapevate che queste modalità di approccio al cavallo hanno alcuni elementi in comune? Ad esempio, in entrambi i casi l’attività inizia avendo come obiettivo primario la cura dell’animale, che consiste in vari passaggi: in primo luogo, lo si conduce dal recinto al portico antistante quella che mi immagino come una casa e, una volta legato sotto la tettoia, lo si pulisce prima di sellarlo, o di prepararlo per la carrozza.
Cosa rappresenta per te il cavallo?
Il cavallo per me è felicità e spensieratezza. È capacità di prendersi cura di un animale che, nonostante all’inizio mi spaventasse, ora non più: ho imparato a conoscerlo e lui mi sta insegnando a conoscere me stessa. Mi ha fatto capire come ci si sente a rendersi utile per qualcuno e mi ha mostrato diversi modi di comportamento che sono utili anche nelle relazioni fra le persone, aspetto che, nel contesto di I’M Possible, viene privilegiato.
Cosa hai trovato ad I’M Possibile?
Beh, mi sento apprezzata per quello che sono. So di potermi aprire al confronto e agli eventuali cambiamenti senza dovermi costringere a mostrare una parte falsata di me. Affermando ciò, intendo dire che nessuno mi fa fretta nel raggiungere gli obiettivi e sono libera di fare le attività che mi propongono nel modo migliore possibile così come nel manifestare qualsiasi forma di disagio.
Come hai raggiunto la nostra ASD APS?
Premetto che già in passato avevo effettuato delle lezioni di equitazione, oltre ad una serie di progetti di pet therapy quando ero alle superiori, principalmente al fine di superare la fobia dei cani. Crescendo, ho recuperato l’interesse per gli animali e mi è venuta voglia di provare a cavalcare. Grazie al passaparola – pensa, una collega di mia madre, la cui figlia fa volontariato con i cavalli -, sono venuta a conoscenza di I’M Possible. E da lì, incuriosita dal racconto di questa realtà, ho fatto la mia prima visita al posto. Lo ricordo ancora: ero sotto braccio a mia madre, in un caldissimo pomeriggio d’estate!
Quali sono stati i primi passi?
Una volta arrivata, e dopo avere condiviso il percorso da fare e gli obiettivi da raggiungere, ricordo di avere chiesto, fin da subito, di poter montare nonostante avessi una grande paura dovuta ai rumori del cavallo. Penso, per esempio, al semplice sbattere degli zoccoli a terra nel momento in cui Lara, l’equina, doveva togliersi le mosche dal corpo essendo in piena estate. Probabilmente questo mio timore era dovuto al fatto che, non vedendo i gesti dell’animale, ma sentendone solo il suono, non capivo se volesse trasmettermi qualche sensazione, dolore o felicità, oppure se stesse cercando di effettuare lei un’azione per se stessa, o verso gli altri, nel caso del nitrito.
Quando hai smesso di avere timore?
Ho iniziato a non sentire più questa sensazione di spavento all’incirca una quindicina di giorni dopo il primo contatto. Non saprei dire cosa più di tutto mi ha aiutato, ma di certo sentirmi fin da subito accolta e ascoltata ha incentivato il mettermi a mio agio. In più, la conoscenza sempre più approfondita dell’ambiente circostante e degli animali che lo popolano, come cavalli, capre, asini, galline e galli ha fatto il resto.
Qual è stato uno dei principali obiettivi che ti sei data?
Fin dall’inizio ho cercato un modo per rendermi il più indipendente possibile sia nella preparazione dell’animale, sia nel campo dove si monta, sia in carrozza. Per quanto riguarda il primo aspetto, ho iniziato ad acquisire progressivamente autonomia prendendo, fin dai primi istanti, dimestichezza con gli strumenti da utilizzare per la pulizia: striglia, brusca e nettapiedi – anche se, con quest’ultimo, non mi sento ancora del tutto sicura perché ho sempre paura di essere calciata e di non sapere sollevare la zampa del cavallo per pulirgli lo zoccolo con le dovute maniere. Per quanto concerne lo svolgimento delle lezioni, sto iniziando, in particolare nel campo da sella, a cavarmela da sola, anche grazie ad un disegno tattile dello spazio che me lo rappresenta non solo nella sua forma, ma con tanto del numero dei passi del cavallo che identificano la lunghezza di ogni lato.
Durante le lezioni come ti trovi?
Da poco, ho cominciato a sentirmi ancora più libera a cavallo: mi stanno insegnando a guidarlo e a capire come fargli intendere di voltare o di fermarsi e so che, in un futuro, questo mi permetterà di fare le cose, seppur supervisionata, completamente da sola.
Come riesci ad orientarti?
Per capire dove sono mi avvalgo di elementi che mi vengono forniti dalla situazione, come ad esempio il sole o il rumore dell’autostrada e, per capire se sto andando nella direzione giusta, li verifico costantemente; se mi capita di sbagliare, ad esempio curvando troppo, me ne accorgo perché mi sono spostata troppo rispetto a questi indizi sonori e ho capito, a forza di correggermi, che tutto dipende da come si impartiscono gli ordini al cavallo e dall’attenzione impiegata nel farlo.
Parlando degli attacchi, come va?
Quando attacco, ho sempre timore di non svolgere le operazioni nel modo corretto, forse perché lo faccio di meno rispetto all’andare in sella. A parità di sensazioni, però, lo preferisco alla sella: non essere una presenza passiva su un mezzo mi fa sentire di essere importante, di avere un ruolo che fa la differenza.
Come giudichi il tuo percorso fino ad ora?
Mi sento felice, soprattutto perché inizio a sentirmi autonoma e a credere di più in me stessa; credo, infatti, che l’andare a fare lezione di equitazione in quell’ambiente mi porti ad aumentare l’autostima e la fiducia nelle mie capacità.